Enna, arrestato a Catania un uomo accusato di estorsione ai danni di un imprenditore ennese

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La Polizia di Stato, nel pomeriggio del 13 agosto, nel proseguimento dell’articolata e complessa attività investigativa coordinata dalla Dda di Caltanissetta, ha eseguito l’arresto, in esecuzione in esecuzione all’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Caltanissetta – Sezione riesame – a carico del 54 enne Antonio Salvatore Medda, nato a Enna, ma residente a Catania.

L’uomo è indagato insieme ad altri per le minacce dirette all’imprenditore-amministratore unico della ditta che effettuava i lavori di scavo e messa in opera della fibra ottica in sub appalto nei comuni di Catania e Santa Maria di Licodia. Gli indagati costringevano l’imprenditore a corrispondere mensilmente, dal mese di giugno fino al dicembre 2017,  la somma di 600 euro assicurandosi cosi un ingiusto profitto con un danno dell’imprenditore.

Medda era stato già arrestato l’8 marzo 2018, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, nell’ambito della ben nota operazione “Capolinea”, attività di indagine diretta dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – presso il Tribunale di Caltanissetta che ha permesso di far luce sulla esistenza di collegamenti tra la formazione criminale “Cosa Nostra” della famiglia di Enna e le organizzazioni mafiose riconducibili ai clan “Cappello-Bonaccorsi” e “Santapaola-Ercolano” attive  nel catanese e nei paesi etnei.

Le indagini venivano avviate, monitorando un “uomo d’onore” ennese in contatto con un imprenditore ennese, amministratore unico di una ditta, assegnataria di lavori in subappalto, per lo scavo e la messa in opera della fibra ottica, tra l’altro in alcuni vasti quartieri di Catania ed in Santa Maria di Licodia, ed altri centri della Sicilia Sud Orientale. In particolare, l’“uomo d’onore” collaborava nell’attività lavorativa dell’imprenditore, che fra l’altro, si rivolgeva all’uomo d’onore per qualsiasi problematica sorta nei cantieri, come la circostanza relativa ai furti di alcuni mezzi di lavoro, cercando la “necessaria copertura” per potere eseguire in “tutta tranquillità” i lavori in quei territori laddove gli appaltatori sono storicamente soggetti a richieste estorsive da parte delle “famiglie” mafiose sia locali che di quelle della limitrofa provincia di Catania.

Ad un certo punto, l’uomo d’onore ennese si interfacciava con Antonio Salvatore Medda per la “messa a posto” dell’imprenditore con i referenti del Clan “Santapaola -Ercolano”, gruppo attivo a Catania nella zona del Villaggio Sant’Agata. L’estorsione ai danni dell’imprenditore veniva bloccata soltanto grazie all’arresto degli indagati, i quali, poiché l’imprenditore tardava ancora a corrispondere la tangente, prospettavano imminenti azioni violente nei confronti dello stesso.

 Il successivo 29 Marzo 2018, il Tribunale del Riesame di Caltanissetta sostituiva la misura cautelare della custodia cautelare in carcere a carico di Antonio Salvatore Medda, con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari. La Direzione Distrettuale Antimafia quindi presentava ricorso in Cassazione e la Suprema Corte annullava l’ordinanza di sostituzione della misura degli arresti domiciliari, emessa dal Tribunale del Riesame, chiedendo al contempo che una diversa Sezione di quest’ultimo si pronunciasse.

Nella mattina del 13 Agosto 2018, il Tribunale del Riesame confermava l’iniziale ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il giorno successivo, con l’ordine di carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta, i poliziotti della Squadra Mobile, davano corso all’esecuzione della misura, arrestando l’uomo.

 


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