Operazione “Draci”, la Polizia di Stato smantella una banda di italiani e romeni dedita a furti di automezzi agricoli – VIDEO

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All’alba di giovedì 22 novembre, la Polizia di Stato e, in particolare, la Squadra Mobile di Enna con la collaborazione del Commissariato di P.S. di Piazza Armerina, a conclusione di una articolata e complessa attività investigativa, coordinata brillantemente dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Enna,  ha proceduto, con la collaborazione della Squadra Mobile di Catania, nonché dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, dei Commissariati di Leonforte e Nicosia e di altre articolazioni della Questura di Enna, al fermo di 13 soggetti di nazionalità italiana e romena, facenti parte di un’associazione a delinquere votata alla commissione di reati contro il patrimonio in ambito rurale (e, più in particolare, di furti di autocarri, di escavatori, di trattori e di quad), i quali avevano razziato in aziende agricole del territorio di Enna e delle province limitrofe, arrecando ad imprese e ad alcune attività commerciali danni per diverse decine di migliaia di euro. Grazie all’azione degli investigatori, è stata recuperata parte della refurtiva, composta principalmente da numerosi mezzi da lavoro di ingente valore, e sono stati fermati tredici soggetti, ciò che ha permesso di fare luce su decine di “colpi”. Il principale esponente del gruppo criminale, poi, portava persino con sé, durante l’esecuzione dei furti, il figlioletto di appena pochi anni.

L’attività investigativa ha consentito di acquisire importanti elementi probatori in ordine a diversi episodi di furto e di delineare le rispettive responsabilità penali dei sodali. In particolare, le indagini, svolte dalla Squadra Mobile con la collaborazione della Squadra di P.G. del Commissariato di P.S. di Piazza Armerina, sono state corroborate anche da attività tecniche (intercettazioni ambientali e telefoniche), dalla rilevazione dei dati gps dei veicoli utilizzati dai componenti del gruppo, dall’analisi dei tabulati di traffico telefonico delle utenze in uso agli stessi, dalla visione dei circuiti di videosorveglianza delle aziende agricole e della attività commerciali derubate o di altri sistemi pubblici, dall’analisi dei profili del social network “Facebook”, dall’acquisizione delle denunce delle vittime e da altre escussioni di persone informate sui fatti, nonché da numerosissimi servizi sul territorio. Le indagini sono, inoltre, consistite in mirati sopralluoghi, svolti soprattutto nei vari nascondigli utilizzati dal gruppo per occultare la refurtiva, nonché nel recupero di parte dei numerosi mezzi da lavoro rubati, principalmente trattori, tutti di note marche e del valore anche di decine di migliaia di euro ciascuno.

Fra i colpi messi a segno figurano anche degli episodi di furto perpetrati ai danni di un’azienda sottoposta a sequestro patrimoniale preventivo per il coinvolgimento (dell’azienda stessa e/o dei titolari) in reati di criminalità organizzata.

Inoltre, a riprova della abituale tendenza criminale dei componenti della banda, nel corso di varie azioni delittuose, quasi sempre perpetrate nottetempo, accadeva sovente che il principale esponente della banda, il Finaru,  portasse con sé anche il figlio minore. Seppur di giovanissima età, il ragazzino appariva perfettamente a conoscenza dell’attività illecita del padre, come si evinceva da alcune conversazioni registrate, nelle quali diceva alla nonna, con ciò manifestando la volontà di rendersi utile al gruppo criminale, che lui preferiva stare col padre durante la notte, anziché rimanere a casa, perché dovevano «… lavorare per mangiare …», ed insisteva nel volere guidare i veicoli oggetto di furto, quasi fosse tutto un gioco.

Ad un certo punto, inoltre, il Finaru, allo scopo di eludere le investigazioni e recuperare altro denaro con la complicità di altri sodali, incendiava la propria autovettura, utilizzata per l’esecuzione dei “colpi”, la quale si era, per l’appunto, danneggiata significativamente (in particolare, al motore) nel corso della fuga successiva alla commissione di attività illecite. Fra l’altro, il Finaru aveva sporto denuncia presso gli organi di Polizia e già attivato la procedura di liquidazione del sinistro presso la compagnia assicurativa ove aveva acceso una polizza per tali danni, allo scopo di truffarla.

L’indagine è stata convenzionalmente denominata “Draci”, vocabolo corrispondente alla traduzione in lingua romena della parola “Diavoli”, termine con cui i sodali indicavano la presenza di appartenenti alle Forze dell’Ordine durante la loro attività criminale e, in particolare, nel corso della messa a segno dei “colpi”.

I pubblici ministeri titolari delle indagini, ed in particolare quelli presso il Tribunale di Enna, valutati gli esiti dell’attività investigativa, emettevano decreto di fermo di indiziato di delitto a carico di: del 24 rumeno Madalin Ionut Finaru, del 27 enne catanese Fabrizio Marino, del 35 enne catanese Alfio Di Stefano, del 28 enne rumeno Georgian Dan, del 30 enne catanese Giuseppe Balsamo, del 32 enne catanese Giuseppe Calogero Chinnici, del 20 enne catanese Loris Salvatore Di Benedetto, del 23 enne catanese Angelo Samuele Compagnino, del 33 enne rumeno Dumitru Ilie del 21 enne catanese Giovanni Curello, del 34 enne rumeno Mihaita Sandu, del 45 enne messinese Andrea Carmelo Cono Schepis e del 20 enne catanese Anthony Schepis. Indagati per reati di furto compiuti a Enna, Assoro, Paternò, Piazza Armerina, Adrano, Riesi, Castel di Iudica, Ramacca, Villarosa, Caltagirone, Catenanuova, Mazzarino e Belpasso, con base operativa a Ramacca in provincia di Catania.

Gli indagati sono stati arrestati in esecuzione del suddetto decreto di fermo ed associati a varie Case Circondariali dell’Isola. L’operazione, particolarmente complessa, ha visto il coinvolgimento di circa un centinaio di Poliziotti, appartenenti, oltre che alla Squadra Mobile di Enna e al Commissariato di P.S. di Piazza Armerina, anche alla Squadra Mobile di Catania, nonché all’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, ai Commissariati di Leonforte e Nicosia e ad altre articolazioni della Questura di Enna ed anche del Comando Compagnia Carabinieri di Palagonia ed in particolare della Stazione Carabinieri di Ramacca, i quali, su delega dell’autorità giudiziaria procedente, hanno eseguito anche numerose perquisizioni nei domicili e nei locali nella disponibilità degli indagati,  che hanno consentito di raggiungere il rinvenimento e sequestro di un trattore, marca Goldoni, compendio di furto, di una cartuccia per arma da guerra, di 180 grammi di marijuana, 61 grammi di hashish, tre bilancini di precisione ed un ulteriore bilancia, nonché materiale per il confezionamento dello stupefacente in dosi, all’interno un locale nella disponibilità del Finaru, che veniva contestualmente arrestato in flagranza di reato anche per questo episodio delittuoso. Venivano sequestrate penalmente per detenzione abusiva 221 cartucce calibro 9×21 per pistola nonché ritirate amministrativamente, per perdita dei requisiti cinque fucili da caccia e sportive, un revolver, una pistola semiautomatica e della polvere da sparo, a carico di uno dei fermati.

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Enna, nelle persone del procuratore, Massimo Palmeri, e dei sostituti procuratori Giovanni Romano, Domenico Cattano ed Orazio Longo, ha coordinato brillantemente le indagini ed ha illustrato i particolari dell’operazione nel corso di una conferenza stampa tenutasi nell’auditorium “Falcone e Borsellino” del palazzo di giustizia di Enna.

 


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