L’agenda rossa di Paolo Borsellino continua a essere al centro di un mistero che attraversa oltre trent’anni di storia giudiziaria italiana. Il prezioso reperto, nel quale il magistrato annotava importanti spunti investigativi, è stato cercato ma non ritrovato durante le recenti perquisizioni disposte dalla procura di Caltanissetta nelle proprietà dell’ex procuratore Giovanni Tinebra, morto nel 2017.
Le perquisizioni del Ros
Il Ros ha ispezionato tre abitazioni dell’ex magistrato: due in provincia di Caltanissetta e una terza ad Acicastello, alle porte di Catania. Gli investigatori hanno controllato anche una cassetta di sicurezza utilizzata da Tinebra in una banca, trovandola completamente vuota. Le operazioni, che aprono uno scenario investigativo di straordinaria rilevanza, sono state ordinate dalla procura nissena nell’ambito delle indagini sulla strage di via D’Amelio e su quello che è stato definito “il più grande depistaggio della storia d’Italia”.
Il collegamento con la loggia massonica di Nicosia
L’attenzione su Tinebra non è casuale. L’ex procuratore sarebbe stato affiliato a una loggia massonica coperta operante a Nicosia, città dove ha prestato servizio come magistrato dal 1969 al 1992. Proprio durante il suo mandato alla guida della procura di Caltanissetta venne orchestrato il depistaggio attraverso la creazione del falso pentito Vincenzo Scarantino, operazione che avrebbe avuto come regista il capo della squadra mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera, deceduto nel 2002.
L’appunto di La Barbera del 20 luglio 1992
Il legame tra La Barbera e Tinebra emerge da un documento cruciale: un appunto datato 20 luglio 1992 e firmato dal capo della squadra mobile palermitana. Nel documento si legge: “In data odierna, alle 12, viene consegnato al dr. Tinebra, uno scatolo in cartone contenente una borsa in pelle ed una agenda appartenenti al giudice Borsellino”.
La procura di Caltanissetta sottolinea però che questo appunto, “privo di qualsiasi sottoscrizione per ricevuta di quanto indicato da parte del dott. Tinebra”, non era mai stato trasmesso nell’ambito delle indagini per la strage di via D’Amelio. Inoltre, La Barbera non ne aveva mai fatto menzione durante i suoi interrogatori.
I dubbi sulla consegna
Gli accertamenti condotti dai magistrati nisseni non hanno permesso di verificare se la consegna sia effettivamente avvenuta nelle mani di Tinebra, né se si trattasse proprio dell’agenda rossa o di quella ordinaria successivamente ritrovata. Tuttavia, il procuratore Salvatore De Luca e i suoi sostituti osservano che la borsa recuperata in via D’Amelio sarebbe arrivata nella disponibilità di La Barbera la sera del 19 luglio e consegnata nella tarda mattinata del 20 luglio 1992. Questo arco temporale avrebbe fornito a La Barbera “tutto il tempo di prelevare o estrarre copia della più volte citata agenda rossa”.
Le ombre della massoneria
L’indagine ha riportato l’attenzione sui legami di Tinebra con ambienti massonici. Sin dagli anni Novanta, diversi collaboratori di giustizia, tra cui Gioacchino Pennino, hanno parlato dell’esistenza di una loggia nata sulle ceneri della P2, finalizzata ad associare persone utili alla creazione di un organismo di potere e all’infiltrazione negli apparati pubblici.
Un mistero ancora irrisolto
Nonostante le perquisizioni e gli approfondimenti investigativi, dell’agenda rossa di Paolo Borsellino non è stata trovata alcuna traccia. Il caso continua a rappresentare uno dei nodi irrisolti della storia giudiziaria italiana, con interrogativi che si intrecciano tra depistaggi, massoneria e la ricerca della verità sulla strage di via D’Amelio. Le indagini proseguono, ma i tanti misteri legati alla morte del magistrate restano ancora senza una risposta definitiva.
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