Un ritrovamento eccezionale, affascinante, misterioso, unico in Sicilia, i cui aspetti, sulla spinta di prossimi scavi e indagini, porterebbero a rivisitare ad aggiornare la preistoria e l’archeologia siciliana.
Si tratta di un antico insediamento, ai piedi del monte Mersi, poco distante dall’abitato di Cerami, dove è stato scoperto un gran numero (22) di monoliti preistorici, ognuno di varie dimensioni e altezze, disposti a semicerchio su due file, alcuni conficcati verticalmente sul terreno, altri giacenti al suolo in prossimità di rispettive fosse.
Il luogo del rinvenimento è stato battezzato con il nome di “Valle dei menhir”; toponimo accettato dal gruppo di esperti che, nel perlustrare, mappare e descrivere le steli di pietra venute alla luce, hanno verosimilmente ritenuto trattarsi proprio di un complesso di Menhir (men “pietra” e hir “lungo”), strutture in pietra grezza allungata di diversi profili, ora di forma conica, ora a forma cilindrica, dimoranti, chissà da quanto tempo, come obelischi nella zona rurale di “Sotto Mersi”.
Ecco perché, per consentire la tutela e la valorizzazione dei luoghi ove sono ubicati gli antichissimi megaliti, la Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Enna ha avviato, di recente, il procedimento di “dichiarazione dell’interesse culturale”, comunicato ai proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo delle terre, e per conoscenza al sindaco del Comune di Cerami e al Dipartimento regionale dei bei culturali e dell’identità siciliana Servizio Tutela e acquisizioni.
Significativi rilievi condotti da una task force di esperti, in particolare dal prof. Ferdinando Maurici, archeologo di fama internazionale, specializzato in Archeologia Cristiana e Medievale, attualmente dirigente dell’Unità operativa per i Beni archeologici presso la stessa Soprintendenza del Mare, danno per certo che le pietre lunghe che connotano “La valle dei menhir di Cerami” hanno una spiccata e ormai dimostrata orientazione astronomica, perfettamente allineate in corrispondenza dei punti in cui sorge e tramonta il sole, nei particolari giorni (solstizi ed equinozi) di sincronizzazione del mutamento stagionale, fondamentale agli antenati per scansionare i loro modi di vita, di lavoro nei campi, per celebrare feste e rituali.
Un contesto senza uguali, di notevole interesse archeoastronomico e archeologico, in cui appaiono elementi e ragioni sufficienti per ipotizzare l’esistenza di un sito megalitico, unico in Sicilia, miracolosamente conservatosi per ampiezza, dimensione e concentrazione, giunto a noi da un passato imprecisato, molto remoto (presumibilmente risalente all’età dell’eneolitico), i cui aspetti, con l’avvio di scavi e indagini approfonditi, potrebbero riservare ancora chissà quali sorprese.
Il ritrovamento archeologico è avvenuto un paio d’anni fa, in modo del tutto casuale.
Lo si deve grazie a due intrepidi giovani, i fratelli Luca e Sebastiano Stivala, i quali, avventurandosi in un fondo agricolo incolto, abbandonato da chissà quanto tempo, fitto di rovi e arbusti, difficilmente accessibile, si stupivano nel notare dei blocchi di pietra sparsi e conficcati verticalmente sul suolo.
Studiosi, geologi, astrofisici, archeologi, informati e giunti in loco, hanno da subito lasciato intendere la presenza di un articolato complesso di menhir. Ulteriori e successive operazioni di rilievo georeferenziato, di catalogazione, studio e ricognizione dei monoliti, hanno messo in risalto la clamorosa scoperta di questi blocchi di pietra, le cui testimonianze costituirebbero un insediamento culturale unico in tutta la Sicilia, un punto di riferimento per riscrivere, su base archeologica, la preistoria siciliana.
Il provvedimento di tutela della Soprintendenza dei Beni culturali ambientali di Enna viene salutato come un importante riconoscimento degli sforzi e di tutto ciò che è stato fatto, mostrato e illustrato in vari convegni, ma soprattutto come uno stimolo per avviare e approfondire la ricerca archeologica nel prosieguo della valorizzazione culturale, storica e paesaggistica di cui è ricca la stupenda cittadina di Cerami.
Carmelo Loibiso
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