Una città deserta costruita sul gioco d’azzardo: ecco in cosa si è trasformata Las Vegas nel corso di nemmeno un secolo. Da avamposto arido ad attrazione che accoglie milioni di visitatori e genera migliaia di miliardi di profitti per lo stato del Nevada. Se la recente pandemia ha messo un temporaneo stop alle sale tradizionali, la passione per il gioco d’azzardo non si è fermata e ha portato gli scommettitori su piattaforme come Bet22 che portano i tavoli sugli schermi dei tablet. Il fascino del vialone principale di Las Vegas, con luci abbaglianti e colori, non è mai però tramontato.
Uno studio dei canyon del Nevada ha testimoniato la presenza dell’uomo fin da oltre 10,000 anni fa, anche se il primo europeo a mettervi piede fu uno spagnolo che esplorò l’area nel 1821 per costruire una via commerciale tra New Mexico e California. Il significato stesso di “Las Vegas” deriva dai prati alimentati dalle sorgenti che li alimentano. La città si distinse fin dai primi del Novecento per il proprio liberalismo, diventando il luogo d’eccellenza per ottenere un divorzio rapido e un matrimonio ancora più veloce. Tradizioni mantenutesi entrambe ben vive fino a oggi, come testimoniano libri, film e documentari.
Fu sempre all’inizio del Novecento che la ferrovia fu introdotta a Las Vegas per collegare il centro alla costa pacifica. Abitata inizialmente dagli operati incaricati della sua costruzione, poco stupisce che la città sia diventata presto un polo del gioco d’azzardo e non solo per offrire uno svago a uomini soli. I primi decenni videro fiorire decine di sale illegali e bar clandestini per sfuggire ai controlli del Proibizionismo, che diventarono luoghi di ritrovo rinomati dopo la sua abolizione nel 1931. La prima strada dedicata al divertimento fu la celebre Fremont Street, che era all’epoca l’unica asfaltata della città e che aveva installato, tra le prime in tutto il paese, insegne luminose alimentate con l’energia idroelettrica dei vicini corsi d’acqua.
Il primo casino, chiamato El Rancho Vegas, aprì una succursale subito fuori dalla giurisdizione cittadina, seguita presto da altri hotel e casinò che trasformarono quel tratto di strada nei primordi della celebre “Strip”. Lo stile iniziale era quello del selvaggio West e uno dei luoghi più famosi, legato all’epoca alla malavita californiana, era il Flamingo con le sue decine di sale ed eventi esclusivi con tutte le celebrità dell’epoca. Gli investimenti in Las Vegas fiorirono dal Dopoguerra agli anni Sessanta con la costruzione di centinaia di hotel con la partecipazione di banche quotate a Wall Street, fondi pensione e addirittura la chiesa dei mormoni. Già nel 1954, i visitatori superarono gli 8 milioni, attratti non solo dal gioco d’azzardo, ma anche dalle esibizioni di Frank Sinatra e Elvis Presley tanto per citarne due.
I casinò di Las Vegas includevano già negli anni Cinquanta file di slot machine meccaniche e tavoli da gioco, oltre alla curiosa attrazione, con tanto di cartoline, dei funghi atomici causati dalle detonazioni militari del Nevada Test Site. Gli anni Sessanta furono l’epoca dei grandi conglomerati che costruirono alberghi come il Desert Inn che includevano pacchetti speciali con vitto, alloggio e bonus per il gioco con lo scopo di mantenere i visitatori all’interno di uno stabilimento 24 ore su 24. Fu da questo principio che nacquero, alla fine degli anni Ottanta, i primi mega-resort come il Mirage, completato da Steve Wynn nel 1989.
La trasformazione della “Strip” di Las Vegas ebbe inizio negli anni Novanta con la demolizione a son di dinamite dei vecchi casinò, sostituiti da resort sempre più fantasiosi con tematiche come l’Antico Egitto, la torre Eiffel di Parigi, le calli veneziane e altre meraviglie architettoniche riprodotte in formato quasi naturale.
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