Nessun complotto politico. Il Tribunale di Enna assolve i coniugi Danti Teramo con formula piena perchè il fatto non sussiste

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Il giudice Marco Minnella del Tribunale di Enna ha assolto con formula piena “perché il fatto non sussiste” i coniugi Corrado Danti e Teresa Teramo, imputati di tentata violenza privata ai danni di Francesco La Giglia.

Secondo l’ipotesi accusatoria i due avrebbero minacciato il La Giglia, al fine di costringerlo a non presentare la sua candidatura alle elezioni amministrative del Comune di Nicosia del maggio 2015, prospettandogli che, in caso contrario, lo avrebbero denunciato per il delitto di violenza sessuale.

Il La Giglia, come si ricorderà, infatti, è imputato di violenza sessuale ai danni di Teresa Teramo, che, secondo l’accusa, avrebbe molestato sessualmente il 5 aprile 2015, sabato di Pasqua. Secondo l’accusa l’imputato, dopo averla trascinata contro la sua volontà la vittima verso una piazzetta isolata nei pressi di un pub, avrebbe cercato di abusare della signora.

Con sentenza del 7 ottobre 2016 il GIP presso il Tribunale di Enna, Luisa Maria Bruno, aveva condannato il La Giglia alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione ed al risarcimento dei danni. La Corte di Appello di Caltanissetta, nell’ottobre del 2018 aveva sovvertito il verdetto di primo grado ed assolto l’imputato.  La Corte di Cassazione, il 12 settembre scorso, accogliendo il ricorso dell’avvocato di parte civile Salvatore Timpanaro ha annullato l’assoluzione e rinviato ad altra sezione della stessa Corte per un nuovo giudizio.

Secondo la tesi difensiva del La Giglia, dallo stesso sostenuta anche in pieno consiglio comunale e sui social, l’accusa di violenza sessuale sarebbe stata frutto, quindi, di un complotto politico ai suoi danni.

La sentenza di piena assoluzione pronunciata dal Tribunale ennese sconfessa in pieno questa tesi. Non si trattò, quindi, di alcun complotto politico perché secondo il Tribunale i fatti non sussistono.

Nel corso della sua lunga arringa il difensore degli imputati, l’avvocato Salvatore Timpanaro, ha sostenuto che le dichiarazioni accusatorie del La Giglia non superano il vaglio di credibilità richiesto dalla Cassazione.

Il giudice si è riservato novanta giorni   per il deposito delle motivazioni.

 

 


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