Nicosia, approvato un protocollo di intesa per la valorizzazione dell’itinerario religioso culturale “Il cammino di San Giacomo in Sicilia”

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L’amministrazione comunale di Nicosia ha approvato con una delibera di giunta un interessante protocollo d’intesa che, insieme ad altri Comuni della Sicilia centrale, promuove e valorizza l’antico itinerario religioso culturale “Il cammino di San Giacomo in Sicilia”.

Un itinerario che affonda le sue radici prima del medioevo e che il Comune di Nicosia, nell’ambito delle sue attribuzioni volte alla valorizzazione delle tradizioni culturali e religiose, ha voluto promuovere e valorizzare, per la riscoperta di antiche tradizioni relative al patrimonio storico. Un  valore immateriale da conseguirsi anche attraverso accordi e collaborazioni con altri Enti che condividono analoghe tradizioni.

In epoca precedente il medioevo, il viaggio in Sicilia si collocava in un preciso orizzonte sociale e religioso che, attraverso la espiazione delle colpe, garantiva la conquista del paradiso oltre la vita terrena. Uno dei percorsi fondamentali era quello che conduceva a Gerusalemme mentre la Sicilia era proprio al centro di un itinerario, via mare, che dal Nord dell’Europa portava in Terra Santa.

Il culto di San Giacomo in Sicilia trova origine nella discesa dei Normanni. Nell’undicesimo secolo il Gran Conte Ruggero de Altavilla veniva investito Re a Palermo, liberava Caltagirone dal dominio dei Saraceni nel lontano 25 luglio 1090. La leggenda narra che nella notte sognò San Giacomo, non in veste di pellegrino ma in veste di “Matamoros”, nell’iconografia cristiana raffigurante San Giacomo (Santiago) come Matamoros, impugnante la spada croce chiamata appunto “di San Giacomo” effigie dell’Ordine Militare di Santiago. Di Caltagirone San Giacomo, diventa il Patrono. In seguito viene tracciato il cammino delle sette chiese che si diramano da Caltagirone: Agrigento, Piazza Armerina, Partinico, Vizzini, Capizzi (che assieme a Itala Marina viene liberata dai Saraceni), e Messina, città che poi diventerà snodo d’imbarco verso la Puglia per i pellegrini diretti a Santiago de Compostela e per i pellegrini diretti in Terrasanta. Con l’avvento degli Aragonesi, lo scenario siciliano muta. Ferdinando d’Aragona fa della Sicilia una provincia spagnola. Di fatto ne diviene il vice re e introduce l’inquisizione. È in tale periodo che vengono portate alcune reliquie di San Giacomo. Re Alfonso fa giungere la reliquia della giuntura e s’istituisce la processione del vessillo aragonese; Il culto del Santo è potenziato. Nascono le “Confraterne Jacopee” che ricopriranno un ruolo importate nell’economia e forniranno sostegno alle vedove povere, agli orfani, alle fanciulle povere per la dote ed altro ancora. La rete viaria venne salvaguardata e con essa, gli Hospitalia che distavano 30 km l’uno dall’altro e che erano stati gestiti in precedenza dai Templari e dai cavalieri Teutonici. Restava forte l’esigenza del pellegrinaggio compostelliano, ma per le ragioni già citate, non tutti potevano recarsi in terra di Galizia. Restava ferma la credenza che il pellegrinaggio avrebbe aiutato il moribondo nelle ore dell’agonia e che lo stesso Santo, attraverso la “Via Lattea” (intesa come la via dei morti), li avrebbe guidati all’aldilà.

Nascono così in Sicilia, anzi vengono ripristinati, riti “Arcaici”: nella notte tra il 24 e il 25 luglio, ma anche nel giorno dei morti si poteva fare un pellegrinaggio verso la chiesa più vicina dedicata a San Giacomo, portando in mano un bastone con 14 nodi e facendo massima attenzione a non voltarsi indietro; oppure a ginocchia nude si poteva attraversare la navata centrale fino all’altare maggiore o, ancora, percorrere tutta la navata fino all’altare maggiore trascinando la lingua sul pavimento. Sono riti che tutt’oggi riscontriamo nell’America del sud che ha avuto anch’essa la dominazione spagnola.

A Caltagirone, sulla scalinata di Santa Maria Del Monte venivano e vengono poste circa 4000 lumiere provviste di coppi colorati distribuite sapientemente lungo i 142 scalini. Veniva e viene portato in processione il Fercolo – Vara (Vara in siciliano, significa bara o arca, cassa in argento; venne eseguita sulla base di un disegno di Nigro e ci vollero 102 anni per costruirla). La Reliquia del Santo è una parte del braccio, contenuto in una teca d’oro a forma di mano.

A Capizzi veniva praticato il rito dei galletti, rimasto in auge fino al 1930: il rito prendeva spunto da un miracolo perpetrato dal santo che aveva salvato dal cappio del boia un ladro di galletti. Il muro principale della chiesa era “imbandierato” con galletti vivi, che venivano lapidati dai festeggianti; i galletti rimasti vivi avrebbero fatto loro bella mostra sui tavoli della fazione vincente del paese; Capizzi già nel ’400 vantava la più antica reliquia del santo, la giuntura di un dito.

Il protocollo d’intesa firmato sancisce un accordo di collaborazione operativa tra i Comuni di Caltagirone, Mirabella Imbaccari, Aidone, Piazza Armerina, Valguarnera Caropepe, Assoro, Nissoria, Nicosia, Capizzi, al fine di promuovere l’antico Cammino di San Giacomo in Sicilia con ogni utile iniziativa di miglioramento delle vie di percorrenza storicamente interessate; le attività di cura del percorso e ogni ulteriore iniziativa saranno a carico di ciascun Comune il quale si impegna a partecipare a qualsiasi bando o avviso che valorizzi questi percorsi.

 


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