C’è un punto della Maremma dove la campagna si distende placida sotto un cielo vasto e i filari di vite raccontano storie antiche senza bisogno di parole. Rascioni & Cecconello non è soltanto un nome inciso su una targhetta elegante, ma un intreccio vivo di mani che lavorano la terra, di calici colmi, di risate che si allungano tra un tramonto e l’altro. Tra queste colline si dorme bene, ci si risveglia meglio, ma soprattutto si assapora ciò che ha ancora il coraggio di restare autentico. Un bicchiere di Ciliegiolo in purezza, magari, mentre il profumo del legno umido si mescola a quello del pane appena sfornato. Nessun lusso apparente, solo la verità di un luogo che accoglie senza ostentare. E in quella verità, chi arriva – anche solo per una notte – finisce per lasciarci un pezzo di sé. È un’esperienza che profuma di vigna, di camino acceso, un’esperienza che si vive, si gusta, si ricorda.
L’accoglienza familiare
C’è chi arriva per caso, spinto da una deviazione, da una voce sentita a cena, da una fotografia intravista in rete. E poi c’è chi torna. Rascioni & Cecconello è quel tipo di posto che lascia il segno. Si viene accolti come vecchi amici, con gesti semplici, mai sbrigativi, che parlano la lingua della terra e del tempo che serve per fare bene le cose. La casa, immersa nel verde delle colline grossetane, non ha nulla di artefatto: è autentica, sincera, come chi ci vive e ci lavora. Ogni stanza sembra raccontare una storia, con il legno, la pietra, la luce che entra lenta e avvolge tutto.
Possiamo sicuramente affermare che l’atmosfera che si respira qui è quella di una Toscana mai addomesticata, ancora ruvida al punto giusto, ma capace di una dolcezza disarmante. Non ci sono formalismi, ma nemmeno trascuratezze. Tutto è curato con quella misura che nasce dall’amore per ciò che si fa, non da un manuale di ospitalità. E quando il sole tramonta dietro ai cipressi, con l’aria che profuma di mosto e di rosmarino, si capisce che questo agriturismo non è una parentesi, ma un ritorno all’essenziale.
I sapori della tradizione: la cucina dell’agriturismo
La tavola di Rascioni & Cecconello non è una semplice mensa: è un racconto che si snoda tra piatti caldi, ricette di famiglia e profumi che evocano domeniche lontane. Qui si cucina come si è sempre fatto, con rispetto per le stagioni, attenzione alla materia prima e una buona dose di istinto tramandato di generazione in generazione. I fornelli si accendono presto, il pane si impasta a mano, le conserve si fanno d’estate e si assaporano nei mesi più freddi.
Ogni portata ha un suo carattere, un’impronta che profuma di cipolla stufata, di cinghiale che sobbolle piano, di verdure raccolte a pochi passi dalla cucina. Il vino – quello stesso Ciliegiolo che nasce nei campi dell’azienda – non accompagna, ma dialoga con il cibo. E nei giorni buoni, quando il vento non tira e l’aria è ferma, si può pranzare sotto il pergolato, col sole che filtra tra le foglie e i piatti che arrivano uno dopo l’altro.
Questa cucina è una forma di memoria che si fa presente, un gesto quotidiano che sa di festa. Non serve leggere il menù: basta fidarsi. E lasciarsi prendere per la gola.
Il Ciliegiolo in purezza: l’anima della cantina
Non tutte le uve hanno lo stesso passo. Il Ciliegiolo cammina a testa alta, con quel suo carattere schietto, pieno, mai domo. È lui il protagonista silenzioso della cantina di Rascioni & Cecconello. Un vitigno che altrove gioca da comprimario, qui si prende il centro della scena, con la dignità di chi ha qualcosa da dire. E lo dice bene.
Dentro ogni bottiglia si sente il respiro della terra maremmana, quella vera: arsa d’estate, tagliata dal vento d’inverno, mai troppo docile. Le vigne si allungano ordinate, ma non troppo, come a ricordare che la natura ama la libertà. Il lavoro in vigna è fatto con mano ferma e cuore attento, senza eccessi, senza trucchi. Solo tempo, passione e rispetto.
Il risultato? Un rosso che sa tenere testa ai piatti più robusti ma sa anche farsi bere in compagnia, nelle sere d’agosto o durante una merenda improvvisata. Un vino che non si dimentica, perché non si limita a piacere: racconta. Racconta la fatica, il sole, la vendemmia. E in quel racconto, ogni sorso diventa gesto, rito, memoria.
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