Scoperta una nuova proteina per l’aumento della massa

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Nonostante molti degli investimenti di denaro e del lavoro degli scienziati sia da mesi molto più focalizzato verso gli studi che riguardano il nuovo Coronavirus, la ricerca non si ferma in un numero illimitato di ambiti differenti. Ecco che un team di lavoro dell’Università di San Paolo del Brasile è giunta alla conclusione che la simulazione di una particolare proteina prodotta dal nostro corpo serve per contrastare l’atrofia muscolare.

Questa potrebbe essere un primo passo per lo sviluppo di importanti strategie future per il contrasto della massa muscolo scheletrica, che rappresenta una tipica condizione direttamente collegata all’invecchiamento fisiologico ma anche a diverse patologie neurodegenerative come la sclerosi laterale amiotrofica oppure la distrofia muscolare spinale. Ma riguarda anche i pazienti costretti a lunghi periodi di tempo fermi a letto, come chi presenta fratture multiple o deve rimanere ricoverato nelle terapie intensive per il Covid-19.

I ricercatori hanno stimato che la persona può perdere fino al 20% della propria massa muscolare ogni 10 giorni di permanenza in terapia intensiva, soprattutto negli arti inferiori o in distretti muscolari molto importanti per la sopravvivenza come il diaframma. A questo si aggiunge spessissimo lo squilibrio metabolico, dovuto alle difficoltà di nutrizione e alla mancanza di esercizio fisico che può sfociare in anemia da contrastare con l’integrazione di ferro e acido folico per favorire l’assorbimento di tutti i nutrienti.

Fino ad oggi le uniche soluzioni che non presentano importanti effetti collaterali nel tentativo di prevenire o curare queste condizioni sono la fisioterapia, gli esercizi per la respirazione e la elettrostimolazione muscolare. La nuova scoperta dei ricercatori potrebbe aver raggiunto un nuovo strumento con l’induzione della produzione maggiore del normale della proteina chinasi A (PKA).

Degli esperimenti portati avanti sui topi da laboratorio si è visto che la sovraesposizione della proteina PKA aveva la capacità di incrementare la resistenza muscolare agli sforzi, per via della soppressione delle proteine FoxO responsabili dell’attivazione di geni collegati all’atrofia; la conseguenza era l’aumento di nuove fibre muscolari, che vanno ad irrobustire il muscolo esistente.

Questo meccanismo osservato nei roditori potrebbe essere una possibile arma vincente per il futuro anche per noi esseri umani, per la protezione del sistema muscolare della sua atrofia (indipendentemente che sia fisiologica a causa dell’avanzare dell’età, o per cause di forza maggiore come una malattia che costringe una lunga permanenza a letto) senza che vi siano effetti collaterali importanti.

Propri effetti avversi sono uno degli aspetti più critici che hanno bisogno di un rimedio, perché gli unici farmaci esistenti per il trattamento dell’atrofia dei muscoli possono avere come risvolto negativo anche grave infarto, lo sviluppo esagerato del muscolo cardiaco e in alcuni casi anche il decesso.

I dati pubblicati sul FASEB Journal presi insieme forniscono la prima prova che l’attività endogena di PKA è necessaria per frenare l’attività basale di FoxO, con una enorme importanza a livello dell’organismo per mantenere la massa muscolare. Peraltro un tema di grande attualità anche per fini estetici, messi sempre più in risalto dalle tante belle celebrità che si esibiscono sui social facendo fitness.

 

 


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