VIDEO | Estorsioni ai commercianti, blitz contro il clan di San Mauro Castelverde: 11 fermi

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ROMA – Dalle prime ore della mattina i carabinieri del Comando provinciale di Palermo stanno eseguendo un fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 11 persone. I fermi sono scattati in Sicilia, Lombardia e Veneto. Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di beni, corruzione, atti persecutori, furto aggravato e danneggiamento.

Le indagini, seguite da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, hanno evidenziato gli assetti e le dinamiche criminali del mandamento mafioso di San Mauro Castelverde, che, all’indomani dell’operazione ‘Black Cat‘ dell’aprile 2015, “ha serrato le fila – spiegano i carabinieri – e ha continuato ad operare sul territorio imponendo il proprio potere” con la stessa capacità intimidatoria. In questo quadro si inseriscono le numerosissime estorsioni ai danni dei commercianti locali documentate dai militari, così come l’organizzazione di una “efficientissima” rete di comunicazione necessaria agli storici capimafia detenuti per mantenere il comando “e continuare a strangolare imprese e società civile”.

Le indagini hanno portato alla luce il ruolo ricoperto da Giuseppe Farinella, figlio di Domenico Farinella, boss all’epoca detenuto in regime di alta sicurezza a Voghera. Per i carabinieri del Comando provinciale di Palermo, che hanno portato a termine il blitz ‘Alastra’, un sistema di controllo “basato sui rapporti di consanguineità” che ha così permesso al capomafia detenuto “di mantenere il controllo del mandamento”. Nonostante la giovane età, il rampollo dei Farinella avrebbe avuto il compito di “coordinare” gli altri componenti del clan che operavano sul territorio, “cooperando” con Gioacchino Spinnato di Tusa (Messina), “ben radicato – evidenziano gli investigatori – in Cosa nostra, che ha gestito i contatti con gli uomini d’onore degli altri mandamenti, fra i quali Filippo Salvatore Bisconti, già capo del mandamento mafioso di Belmonte Mezzagno e ora collaboratore di giustizia.

BLITZ ‘ALASTRA’, GLI INVESTIGATORI: “PIZZO FONTE PRIMARIA PER I CLAN”

Le indagini, seguite da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, hanno evidenziato gli assetti e le dinamiche criminali del mandamento mafioso di San Mauro Castelverde, che, all’indomani dell’operazione ‘Black Cat’ dell’aprile 2015, “ha serrato le fila – spiegano i carabinieri – e ha continuato ad operare sul territorio imponendo il proprio potere” con la stessa capacità intimidatoria. In questo quadro si inseriscono le numerosissime estorsioni ai danni dei commercianti locali documentate dai militari, così come l’organizzazione di una “efficientissima” rete di comunicazione necessaria agli storici capimafia detenuti per mantenere il comando “e continuare a strangolare imprese e società civile”. Le indagini hanno portato alla luce il ruolo ricoperto da Giuseppe Farinella, figlio di Domenico Farinella, boss all’epoca detenuto in regime di alta sicurezza a Voghera. Per i carabinieri del Comando provinciale di Palermo, che hanno portato a termine il blitz ‘Alastra’, un sistema di controllo “basato sui rapporti di consanguineità” che ha così permesso al capomafia detenuto “di mantenere il controllo del mandamento”.

Nonostante la giovane età, il rampollo dei Farinella avrebbe avuto il compito di “coordinare” gli altri componenti del clan che operavano sul territorio, “cooperando” con Gioacchino Spinnato di Tusa (Messina), “ben radicato – evidenziano gli investigatori – in Cosa nostra, che ha gestito i contatti con gli uomini d’onore degli altri mandamenti, fra i quali Filippo Salvatore Bisconti, già capo del mandamento mafioso di Belmonte Mezzagno e ora collaboratore di giustizia.

GENERALE GUARINO: “BENE GLI IMPRENDITORI CHE DENUNCIANO”

Con l’operazione ‘Alastra’ i carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno colpito “una delle compagini mafiose più potenti e storiche” della provincia di Palermo, quella di San Mauro Castelverde. Lo afferma il generale Arturo Guarino, comandante provinciale dei carabinieri, commentando l’operazione antimafia condotta dai militari con il coordinamento della Dda di Palermo. “Un gruppo famigliare che utilizzava la notorietà del proprio nome criminale per imporre pizzo ed estorsioni e vessare la vita di una comunità”, ha aggiunto. Guarino ha poi sottolineato che in questa occasione, come in altre, “alcuni imprenditori si sono rivolti direttamente ai carabinieri per segnalare il pizzo: questa – ha sottolineato – è la risposta giusta, rivolgersi alle forze dell’ordine e alla magistratura per affermare il diritto ed eliminare la piaga della mafia da una terra così bella come la Sicilia”.



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