Pasquale Calandra (Uil-Fpl) “La legge di bilancio approvata dal consiglio dei ministri del governo Meloni da un colpo d’accetta a circa 350mila lavoratori del settore pubblico”

Pasquale Calandra
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La beffa più grande l’avranno quelli che hanno iniziato a l’attività lavorativa nel 1995, pochi mesi prima della fine del sistema retributivo.

Per loro, la futura pensione si ridurrà di diverse migliaia di euro all’anno.

Esempio: chi ha versato i primi contributi a novembre 1995, se quando smetterà di lavorare avrà un reddito di 35 mila euro l’anno, ci perderà quasi 700 euro al mese. accetta

Si tratta dell’effetto della norma contenuta nella manovra approvata in consiglio dei ministri che riguarda i medici, le maestre d’asilo, i lavoratori degli enti locali e gli ufficiali giudiziari.

In pratica, gli iscritti alle relative casse previdenziali di categoria professionale.

Non tutti, però, solo quelli con meno di 15 anni di anzianità prima del 1995; non c’è una stima ufficiale ma dovrebbe verosimilmente trattarsi di circa 350 mila persone.

Oggi, chi ha iniziato a lavorare prima del 1995 anno in cui è arrivata la riforma Dini va in pensione con il sistema misto: i contributi versati prima di tale data rendono con il calcolo retributivo (molto generoso); quelli versati dopo, invece, rendono con il metodo contributivo, ben più magro. Il rendimento della parte retributiva dipende da una tabella allegata alla legge del 1965.

Restando nell’esempio di chi ha un solo mese di contributi prima della, fine del 1995, il rendimento secondo il vecchio schema era pari a quasi il 24% della retribuzione.

Con il sistema studiato in questi giorni dal governo Meloni, invece, si fermerà ad appena lo 0,02%. Un taglio vertiginoso.

Tali rendimenti, sempre secondo la nuova manovra, crescono poi fino al 37% per chi ha 15 anni di contributi prima del 1995. In questo caso la percentuale è quasi identica a quella della vecchia tabella, quindi per loro la penalizzazione sarà molto più lieve e pari a circa 300 euro in meno all’anno. Ma mentre prima il sistema partiva già da una percentuale generosa (come detto, il 24%), e cresceva lentamente, a 15 anni di anzianità si arrivava al 38%, oggi il punto di arrivo è ridotto a zero e la crescita è più rapida, infatti il punto di arrivo è lo stesso previsto dalla vecchia norma.

Quindi, più si è “giovani” più si verrà penalizzati. Ma anche per i meno giovani la penalizzazione sarà significativa: una persona che ha iniziato a lavorare nel 1985, e andrà in pensione con uno stipendio da 1.800 euro mensili, perderà circa 120 euro al mese.

Tra le categorie colpite si parla già di ricorsi, in quanto ritengono che in questo modo sia stato intaccato il diritto a una pensione calcolata con quei tassi di rendimento. La battaglia, insomma, da politica potrebbe presto diventare legale.

Pasquale Calandra



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