Con l’autonomia differenziata approvata dal senato si compie quel processo di scissione tra il nord e il sud: noi di Confedercontribuenti non ci stiamo!

Condividi l'articolo su:

Non è altro che l’attribuzione, alle Regioni che ne fanno richiesta, di maggiori poteri legislativi da parte dello Stato. Questi poteri possono riguardare materie importantissime per i cittadini come salute, scuola, trasporti, ricerca, energia, credito e risparmio. Insieme alle competenze, le Regioni possono anche trattenere una parte del gettito fiscale che non sarebbe più redistribuito su tutto il territorio nazionale.

Diciamo no al progetto del governo Meloni innanzitutto perché non prevede le risorse necessarie a finanziare servizi omogenei su tutto il territorio nazionale, perché mette fuori gioco il Parlamento, perché contrasta con gli obiettivi del Pnrr e perché rischia di dare di più a chi ha di più e di meno a chi ha già di meno.

Con l’autonomia differenziata si completa quel processo disgregativo dell’unità nazionale iniziato all’indomani di tangetopoli, il cui fenomeno decretò la fine dei partiti della prima repubblica con conseguente nascita del centro destra a trazione leghista. Spesso rifletto sul fatto che la fine della DC e del PSI sia stato una vera sciagura per l’Italia se teniamo conto del fatto che questi partiti con le loro riforme avevano creato una vera identità nazionale e di cui un esempio lampante fu proprio la creazione del sistema sanitario nazionale del 1978.

Il filo conduttore di questi ultimi 30 anni inizia e finisce se proprio la voglia dire tutta con delle grosse responsabilità della sinistra italiana la quale nel 2001 approvò la riforma del titolo V della costituzione il cui unico e solo scopo fu quello di imitare il berlusconismo a trazione leghista. Tanto è vero che il risultato di lì a qualche anno fu l’aumento a dismisura del debito pubblico i conflitti tra regioni e Stato di fronte alla corte costituzionale il cui esito finale è stato il declino dello sviluppo socio economico a svantaggio del sud Italia.

 Perché noi di Confedercontribuenti siamo contrari:

  1. Vogliamogli stessi diritti per tutti i cittadini in settori come sanità, istruzione, trasporti, energia. Nel disegno di legge la definizione dei Lep viene affidata a decreti governativi senza un giusto apporto del lavoro del Parlamento.
  2. I servizi essenziali vengono solo pateticamente delineati, ma non sono garantiti in modo uguale per tutti. Per garantirli servono ingenti risorse che il disegno di legge si guarda bene dall’indicare.
  3. Nel disegno di legge non c’è uno straccio di riferimento alla necessità di motivare, da parte di una Regione interessata, la richiesta di maggiore autonomia. Eppure in gioco ci sono molti temi. Tra questi, alcuni hanno un’evidente rilevanza nazionale come l’energia o la ricerca, ormi allo sbaraglio della precarietà.
  4. Il disegno di legge non dà garanzie sul reale funzionamento del Fondo perequativo, previsto dalla Costituzione come strumento indispensabile al riequilibrio tra territori a maggiore e minore capacità fiscale.
  5. Il progetto autonomista contrasta con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. I 209 miliardi portati in dote all’Italia da Giuseppe Conte nel 2020 servono a colmare le distanze tra Nord e Sud.

E’ abbastanza chiaro per noi di Confedercontribuenti che senza l’equa distribuzione statale i servizi e le opportunità del sud non saranno mai quelle del nord. Non credo sia coerente con i principi di solidarietà nazionale e di eguaglianza avere 20 sistemi di istruzione differenti e 20 sanità differenti, ne tantomeno i detrattori del sud potranno affermare che al sud non si è amministrato bene perché in 150 anni di unità nazionale l’unico dato di fatto è stato solo quello di svuotare il sud Italia di tutto.

Ne tantomeno si risolverà il problema stabilendo per ogni regione dei livelli essenziali di spesa standard.

A questo punto l’unica strada che resta da percorrere è quella di combattere con tutte le forze questa riforma sia proponendo il referendum abrogativo ma soprattutto scuotendo tutte le coscienze di chi ha a cuore la convivenza civile di una intera nazione.

Si spera anche nel buon senso dei governatori del sud i quali dovrebbero adoperarsi per non accettare questo scempio di riforma.

Marco Fiocco



Condividi l'articolo su: