Enna, il duomo, proclamato monumento testimone di pace nel 2008 diventa “oggetto di discordia”

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È disarmante quanto sta accadendo in città in questi giorni: un’altra pugnalata mette al tappeto le antichissime tradizioni del capoluogo del centro Sicilia.

Da secoli, durante il mese di giugno, i fedeli vengono svegliati dallo festante scampanìo che annuncia la tradizionale “Corincina” ( inno alla santa patrona Maria Santissima della Visitazione) e la celebrazione della messa; tale tradizione, però, sembra infastidire qualche cittadino che, dopo incessanti lamentele, sembra avere avuto la meglio: questa mattina, dopo più di sei secoli, il famoso scampanìo  (che gli ennesi chiamano in gergo “u prìu”) non ha svegliato la città!

Ma.. cos’è la campana e cosa indica? Forse non ce lo siamo mai chiesti, dal momento che spesso diamo molto per scontato!

La campana è quello strumento le cui note invitano il fedele cristiano alla preghiera. Ogni religione prevede un richiamo alla preghiera e in nessuna cultura la cosa ‘ infastidisce ‘, anzi…tutt’altro. In Italia sembra non essere così: la legge, addirittura, sancisce quando e in che condizioni una campana possa suonare; ma cerchiamo di fare un tuffo nel passato. Nei secoli,  le città italiane hanno dedicato preziosi monumenti alla custodia delle campane ( basti pensare, e mi fermo a questa sola citazione, alla Torre di Pisa) .

Enna, la città definita ” delle cento chiese”, va da sè che fosse piena di campanili, visibili anche dai paesi limitrofi.

Il  suono delle varie campane da secoli sembra fare da contro canto al vigoroso suono della campana del duomo.

A tutt’oggi, tra i più anziani, è comune usare una bellissima espressione: quando qualcuno fa un discorso abbastanza serio e impegnativo e sente suonare una campana,  si segna col segno della croce e dice al suo interlocutore: “Santa camnpani ca mi ruspunni“, come a voler sottolineare il fatto che chi parla professa verità assolute e che il suono della campana sembra confermarle.

Il suono delle campane segnò anche l’inizio dei Vespri Siciliani,  il 30 marzo 1282 e, da allora, nel dialetto siciliano si è soliti chiamare lo scampanìo della messa vespertina “i moti“. Dunque, esiste  un chiarissimo riferimento anche ai moti insurrezionali del XII secolo.

La campana, concludendo,  è qualcosa che appartiene a una cultura più che a una religione e, in una società che si vanta di essere aperta a qualsiasi cultura, è inconcepibile abnegare la propria, è paradossale mettere da parte la propria identità.

“Mettere a tacere” una campana, dunque, non sarà come imbavagliare qualcuno che vuole dire ciò che pensa?

Mario La Torre

Foto di Martina Melfa

 


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