Originale decisione del Tribunale di Enna: il delitto di stalking non è configurabile quando è reciproco

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Il Tribunale monocratico di Enna, presieduto dal giudice Elisa D’Aveni, ha emesso una sentenza destinata a suscitare ampio dibattito e potenzialmente a lasciare un’impronta nella storia giudiziaria. La decisione riguarda l’assoluzione di due giovani imputati di atti persecutori reciproci, un caso che va al di là della mera cronaca.

I protagonisti di questa vicenda sono un giovane meccanico, ancora sotto i trent’anni e un’infermiera di 32 anni, entrambi residenti ad Enna. La procura ennese li aveva entrambi accusati di atti persecutori l’uno nei confronti dell’altro, creando così un intricato quadro legale.

Le condotte addebitate ai due imputati includevano pedinamenti, minacce, violenze fisiche, danneggiamenti e molestie, tutte rientranti nella categoria di stalking. Questo reato, introdotto nel nostro codice penale nel 2019, punisce chiunque, con condotte reiterate, minacci o molesti un individuo in modo da causare un perdurante e grave stato di ansia o paura, o da generare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto, o da costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita.

Nonostante la gravità delle accuse, i due imputati sono stati difesi rispettivamente dagli avvocati Salvatore Timpanaro e Doriana Saraniti del foro di Enna, i quali hanno puntato sull’aspetto peculiare della situazione. Entrambi gli imputati sostenevano di essere vittime di atti persecutori reciproci, vivendo entrambi in uno stato di ansia e paura a causa delle condotte dell’altro. In pratica, entrambi erano vittime e, contemporaneamente, carnefici.

Gli avvocati difensori hanno basato le loro argomentazioni su questa duplice dinamica di vittima e carnefice, sostenendo che uno stalking reciproco sia giuridicamente e logicamente incompatibile con la normativa vigente. Secondo la loro tesi, lo stalking implica una posizione sbilanciata della vittima rispetto all’autore dei comportamenti intimidatori e persecutori. Pertanto, laddove vi sia una sostanziale parità tra le parti, anche in contesti di litigiosità, il reato non può configurarsi.

Il Tribunale ha accettato questa tesi difensiva, assolvendo gli imputati perché il fatto non sussiste. Questa decisione solleva interrogativi importanti sulle sfumature della legge in materia di stalking e sul modo in cui essa si applica in situazioni di reciproca accusa, creando un precedente che potrebbe influenzare futuri casi giudiziari simili.



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