Cannabis autofiorente: mini guida alla coltivazione

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Sono tantissime le persone che, negli ultimi anni, hanno deciso di avvicinarsi al mondo della coltivazione della cannabis. Chi lo fa e parte da zero, acquista semi autofiorenti su frequente consiglio degli esperti. Questa tipologia di sementi, che dai primi esperimenti dei breeder negli anni ‘70 è stata lanciata sul mercato, inizialmente con qualche problematica dovuta alla scarsa potenza, all’inizio del terzo millennio, richiede di partire con la consapevolezza di alcuni importanti aspetti. Vediamo quali sono nella mini guida che abbiamo riportato nelle prossime righe.

Quanto tempo passa dai germogli al raccolto?

Quando ci si approccia alla coltivazione della cannabis autofiorente, è naturale farsi domande in merito al tempo che passa tra i germogli e il raccolto. In linea di massima, bisogna attendere dalle 8 alle 10 settimane. Per amor di precisione, è il caso di ricordare che alcune varietà possono richiederne anche 12. Si tratta, in ogni caso, di una velocità impensabile con le piante fotoperiodiche.

Il ciclo di luce perfetto

Una delle prime cose che ci si sente dire in merito alle piante di cannabis autofiorente riguarda il loro non essere vincolate alla luce per la crescita. Verissimo, ma questo non vuol dire che i cicli di illuminazione possano essere totalmente trascurati. Ci sono diversi approcci tra cui scegliere. Uno dei più popolari è lo schema 18/6. C’è anche chi sceglie di esporre continuamente le piante, strategia che, in indoor, può rivelarsi fortemente dispendiosa. Se si ha intenzione di adottare quest’ultima opzione, la cosa migliore da fare è coltivare in outdoor. In questo caso, si ha anche l’oggettivo pro di riuscire a ottenere diversi raccolti nel corso di una medesima stagione. Fantastico, vero? Assolutamente sì!

La dimensione perfetta dei vasi

Si sente spesso parlare dell’importanza di non rinvasare troppo le piante di cannabis autofiorente per evitare di farle soffrire: tutto vero! Per fare le cose bene, è necessario considerare anche la scelta del vaso sulla base delle dimensioni. L’optimum prevede il fatto di acquistare vasi non eccessivamente grandi. Il motivo? Quando si ha a che fare con le piante autofiorenti, bisogna infatti mettersi nell’ottica di una crescita a dir poco compatta dal punto di vista delle dimensioni.

Da non dimenticare è ovviamente il fatto di non esagerare per difetto. Il vaso, infatti, deve avere comunque un diametro sufficiente da consentire alle radici di proliferare senza aggrovigliarsi tra di loro.

L’importanza del pH

In una mini guida sulla coltivazione della cannabis autofiorente non può mancare un paragrafo dedicato al pH. Si tratta di un aspetto fondamentale da tenere in considerazione. Se non gli si dedica la giusta attenzione, il rischio è quello di avere a che fare con difficoltà di assorbimento dei nutrienti. Numeri alla mano, il range migliore è quello compreso tra 6 e 6,5.

Il giusto approccio all’irrigazione

Come non dedicare un cenno all’irrigazione? Nel caso delle piante autofiorenti, ci si trova davanti a una situazione molto particolare. Parliamo infatti di una contingenza in cui, a differenza di altre specie, non c’è uno schema preciso da seguire. Bisogna fare molta attenzione alle piante e vedere quando hanno bisogno.

Come cambia l’umidità

A seconda del momento che sta attraversando il percorso di coltivazione, l’umidità deve essere gestita tenendo conto di range diversi. Giusto per dare qualche numero rammentiamo che, nelle prime settimane, si deve considerare un’umidità relativa compresa tra il 70 e il 90%.

In fase vegetativa, invece, la situazione ottimale è quella caratterizzata da un’umidità relativa non superiore al 50%. A inizio fioritura scende ulteriormente: siamo infatti attorno al 45%. Poco prima della raccolta, ossia trascorse circa 8 settimane dell’inizio del processo di coltivazione, bisogna considerare come riferimento ideale un’umidità pari al 40%.

Anche la temperatura ideale cambia e, in linea generale, va dai 20 ai 25°C.

 


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