Il 10 luglio ricorre il centesimo anniversario della scomparsa del drammaturgo e commediografo agirino Giuseppe Giusti Sinopoli

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Recentemente nel corso di una seduta del consiglio comunale è stata ricordata la figura e l’opera del grande scrittore verista nato ad Agira. Durante quest’anno verranno organizzati eventi culturali per ricordarne l’opera e il suo contributo nell’ambito della letteratura verista del secolo scorso, non dobbiamo dimenticarlo ma approfondirne l’opera culturale“. Lo rende noto il consigliere comunale Luigi Manno.
Drammaturgo e commediografo tra i più veristi del teatro siciliano. Nato ad Agira il 24 febbraio 1866, ancora giovanissimo pubblico ” Versi” e “20 settembre 1870”, a soli ventiquattro anni, scrisse “Muschigghiunazzu niuru” e qualche anno dopo “Falgaris di Spagna”. Nel 1896, allineatosi alla vita del verismo di Verga, di  Capuana, di Martoglio, pubblico ” La Zolfara” Opera ambientata  nella miniera zolfifera “Zimbalio” di Assoro dove lavoravano moltissimi agirini, egli aveva trovato  spunto per questo tema allorchè, avendo ottenuto l’insegnamento in una scuola elementare della vicina Nissoria, percorreva ogni mattina a piedi la strada Orselluzzo – Piano della Corte – S. Giorgio per raggiungere il posto di lavoro assieme ai minatori che da agira si recavano alla vicina miniera. Venne presentata al pubblico italiano ed estero da Giovanni Grasso, Angelo Musco, Rosina Anselmi, Giovanni Emanuel, Achille Vitti, Carolina Balistrieri, ecc, e divenne il cavallo di battaglia della “Compagnia Drammatica Dialettale Siciliana Nino Martoglio”. Altri suoi lavori ricordiamo “Calanniredda”, “Signor Mastru Sinnacu”, nel 1900 venne fuori “il fondo della coppa” in seconda ristampa intitolato “il casto Giuseppe”, recatosi a Roma nei primi anni del 900 scrisse, in lingua italiana ” il liberatore”, un dramma sul processo a Gesù.
Opere comprese nel periodo 1903 ed il 1911 sono “Finale di commedia”, “Popolo mio” e ancora inedito, “La Samaritana”, lavori questi dove affiora l’amarezza per le immeritate difficoltà finanziare in cui versava negli ultimi anni della sua vita. Morì a Roma, il 10 luglio 1923, povero e malato in una stanzetta di via Mecenate. Il 14 luglio 1923 sull’Epoca di Roma apparve un articolo di encomio firmato dallo scrittore Francesco Bernardini, che lo mise alla pari solo del Verga e del Capuana.


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