Grande partecipazione a Troina per l’incontro ed il concerto degli Inti Illimani Històrico, nel ricordo del golpe militare in Cile del 1973

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Nella serata dell’8 settembre, in piazza Giacomo Matteotti, ad ascoltare il concerto degli Inti Illimani Històrico c’era tanta gente. Molti erano quelli che venivano da fuori paese, da tutta la Sicilia. Alcuni erano giunti a Troina da Catanzaro.

E’, questo, comprensibile in quanto il concerto di Troina erano l’unico concerto che il gruppo musicale cileno tiene nel Meridione d’Italia in occasione del 50° anniversario del golpe militare che l’11 settembre 1973 che rovesciò con violenza il governo del presidente Salvador Allende, eletto democraticamente nel dicembre 1970. Dei concerti in programma per tutta l’Europa, quello di Troina è il secondo dopo quello che hanno tenuto a Milano il 6 settembre. Altri 12 concerti, fino al 27 settembre: Alessandria, Roma, Senigallia, Perugia Bologna, Bergamo, Stuttgart, Goteborg, Oslo, Stoccolma, Barcellona, Malmoe e Berlino.

Horacio Duran Vidal (78 anni), uno dei fondatori degli Intili Illiminani ha detto che questo concerto “è anche, e soprattutto, un incontro in rapporto al 50° anniversario del colpo di stato per dirvi che, con tutto quello che vi possono dire sui risultati, il popolo cileno vive, lotta, va avanti e recupera una storia”.

Nel tardo pomeriggio del giorno precedente, si era svolto l’incontro con tre degli Intillimani (Horacio Duran, Camillo Salinas e Licia Gallardo) nell’affollatissima sala Miani della Torre Capitania, nel quale si è parlato del golpe militare in Cile di 50 anni fa, sostenuto dagli Usa e dalla Cia, e della valutazione che ne fecero le forze politiche Italiane di allora.  Il mancato accordo del governo di Allende con la Dc cilena fu fatale per la democrazia cilena.

Della situazione determinatisi in Cile a seguito della vittoria di Allende nelle elezioni presidenziali del dicembre 1970, sostenuto da una coalizione di sinistra, dell’esperienza del suo governo e degli effetti avuti in Italia, ne ha parlato il politologo Silvano Privitera.   Subito dopo essersi insediato, il governo di Allende avviò una politica di nazionalizzazione delle più importanti risorse del Cile, come le miniere di rame che erano nelle mani di multinazionali statunitensi, una radicale riforma agraria a vantaggio dei contadini poveri e braccianti (redistribuzione delle terre) e una politica di estensione delle tutele sociali a favore dei ceti più deboli (istruzione e sanità). Le reazioni degli interessi colpiti da questa politica di riforme non si fecero attendere.  Quella delle multinazionali americane (ITT, Kennecot e Anaconda) e del governo degli Stati Uniti fu pesante, come si può capire dai documenti conservati negli archivi della Cia e da alcuni desecretati. In Italia, il Pci trasse dalle tragiche vicende cilene l’indicazione a perseguire nella ricerca di un’intesa con la Dc perché in un paese democratico come l’Italia, in un contesto internazionale diviso in due blocchi contrapposti guidati dagli Usa e dall’Urss, non era possibile per una coalizione di sinistra governare il paese con il 51 per cento dei voti. Sulla sinistra extraparlamentare, che era in aspra polemica con il Pci, ebbe l’effetto di accelerarne la dissoluzione. Una parte decise di entrare in clandestinità perché temeva che anche in Italia ci sarebbe stato un golpe militare. Da qui il terrorismo di sinistra negli anni ‘70 (gli anni di piombo).  Segnali in tal senso, c’erano già stati (strage di Piazza Fontana Milano 1969, piazza Della Loggia a Brescia nel 1974 ed altri episodi di terrorismo neofascista). Ma in Italia, dove c’era il più grande partito comunista del mondo occidentale, con un forte radicamento sociale e nelle istituzioni, l’esito non era scontato. Circostanza, questa, che dissuase quanti, nell’ambito dei settori deviati dei servizi segreti e dell’apparato dello Stato, coltivavano simili propositi. Un’altra parte, ritenendo esaurita l’esperienza della contestazione della politica dei partiti della sinistra tradizionale, confluì nel Pci e nel Psi.



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