Per l‘ottantesimo anniversario dell’Operazione Husky, commemorati i caduti a Leonforte – VIDEO

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E’ stato il primo ponte Bailey ad essere costruito in Europa sotto il fuoco nemico: lo allestirono in una sola notte, tra il 21 e il 22 luglio 1943, i genieri dei Royal Canadian Engineers per superare la gola Strigilò visto che i tedeschi avevano fatto saltare l’unica via d’accesso alla cittadina di Leonforte, il ponte sul torrente Petrangelo sulla SS121. Per ricordare questa battaglia e l’altissimo numero di caduti delle diverse bandiere, canadese, italiana e tedesca, ieri a Leonforte è stato inaugurato un monumento che riproduce proprio quel ponte Bailey che permise agli alleati la conquista della cittadina ennese che nel 1943 ospitava la più importante, linea difensiva tedesca. L’iniziativa è stata di un gruppo di cittadini ed ex militari canadesi, guidati da Steve Gregory, che in questi giorni sta ripercorrendo le tappe del contingente alleato da Pachino ad Adrano. “Questo monumento per noi è molto importante perché ci permette di ricordare e lasciare una traccia dei quasi 600 militari canadesi caduti durante l’Operazione Husky” di Steve Gregory. Oltre al monumento e a una lapide alla memoria del sottotenente Luigi Scapuzzi che tentò da solo di difendere la sua postazione, prima di venire ucciso, sono stati posizionati cento markers (marcatori) che riportano i nomi dei caduti. “Questo è un momento di pacificazione tra i popoli contro ogni guerra, passata e soprattutto futura – interviene il sindaco di Leonforte, Piero Livolsi.

costruzione di un ponte Bailey non a Leonforte

La battaglia per la presa di Leonforte durò tre giorni interi, e vide contrapposte la 2Brigata canadese con l’artiglieria divisionale, contro elementi della 15a  Panzergrenadier – Division tedesca supportati da reparti della 4a Divisione Livorno. Gli Engineers canadesi cercarono a più riprese di superare il burrone Petrangelo per raggiungere la cittadina, ma finirono sotto il fuoco delle mitragliatrici e dei mortai tedeschi e persero molti uomini: i pochi che riuscirono a risalire la gola e passare, si trovarono coinvolti in combattimenti all’arma bianca, nell’assenza di comunicazioni radio, ed ebbero la peggio, mentre la popolazione di Leonforte (soprattutto donne e bambini) si era rifugiata nella galleria della ferrovia: i morti civili furono 33, la più piccola di 5 anni, il più anziano di 61. “L’unica possibilità fu quella di far intervenire i carri armati che però non potevano superare il vallone: mentre i Loyal Edmonton combattono fuori dall’abitato, i genieri si mettono al lavoro sotto il comando dell’ingegnere capo, tenente colonnello Geoff Walsh e installano il primo ponte Bailey europeo” spiega lo storico Angelo Plumari. È una struttura in ferro e acciaio a moduli che viene montata ed estesa man mano che viene costruita: non appena una sezione di 3,05 metri di lunghezza è pronta, viene spinta su rulli e fissata alla sezione successiva, soltanto così riuscirà a sostenere carichi pesanti.

Leonforte 80 operazione Husky 2

Soltanto transitando sul ponte, i carri armati alleati potranno raggiungere e conquistare Leonforte. I canadesi pagheranno un prezzo alto: 57 morti e 105 feriti, tra i quali anche due Seaforth Highlanders  pellerossa, i primi dei 50 volontari delle tribù native del Canada. Ma molti di più furono i caduti italiani e tedeschi: tra questi il sottotenente Luigi Scapuzzi, decorato al Valor militare ed altri sconosciuti che riposano in tombe senza croce. Il ponte Bailey di Leonforte resta il primo di una lunga serie: durante la Seconda Guerra Mondiale solo in Italia furono costruiti più di 3000 ponti Bailey, con una lunghezza totale di 90 km, per sostituire i ponti distrutti dai tedeschi.

Il cammino a tappe canadese si è quasi concluso: in poco più di venti giorni hanno percorso i 300 km sulle tracce del contingente alleato. Le ultime manifestazioni saranno questo weekend: sabato prossimo alle 20 al cimitero di Agira, dove riposa il maggior numero di caduti canadesi; e domenica alle 10 a Marzamemi dove verranno piantati sulla spiaggia 130 marcatori per ricordare i morti sconosciuti del conflitto, che non poterono avere una sepoltura.


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